lunedì 19 novembre 2012

Sailing to Chisinau

La poliziotta di frontiera apre lentamente la cerniera della valigia. La ragazza è bianca in volto, la sua coscienza non è pulita, sa che presto potrebbe finire in un gulag. I suoi amici, che hanno già passato il controllo, trattengono il fiato guardandola forse per l’ultima volta. Fuori è buio pesto, si gela, la temperatura è già scesa sotto lo zero, o forse no, ora  non è la temperatura che conta: la poliziotta ha aperto la valigia, lancia una rapida occhiata alla ragazza terrorizzata, sposta dei maglioni e… vabbè questo è già l’epilogo dell’incredibile viaggio a Chisinau, la capitale della Moldavia. Per sapere come andrà a finire e cosa mai sarà nascosto in quella valigia, dobbiamo fare un salto indietro di circa dodici ore, quando io e due amiche partiamo alla volta di Chisinau per visitare la città e prendere un’altra amica che sarebbe atterrata lì.

Dopo soli venti minuti raggiungiamo il confine dove sostiamo per più di quaranta minuti per fare i vari controlli, ma alla fine ho finalmente  il mio primo timbro sul passaporto: Moldova, frontiera di Sculeni!
Dopo aver attraversato paesi non proprio ridenti come Ungheni, Romanovca, Sipoteni e Rassvet, arriviamo finalmente nella capitale. Appena scesi dal maxitaxi andiamo subito a cambiare i nostri Lei Rumeni in Lei Moldavi e io noto con piacere che su tutte le banconote c’è stampata la faccia di Stefan Cel Mare, che qui In Moldavia (sia la nazione, sia la regione della Romania) è amato più di Maradona a Napoli.
Usciti dal cambiavalute ci incamminiamo per strada senza una meta, ma ecco che, dopo nemmeno due minuti, incontriamo una ragazza di Chisinau, studentessa di Medicina, che le mie due amiche avevano conosciuto a un congresso. Gentilmente si offre di farci da guida. Una fortunata coincidenza davvero incredibile! Notiamo subito che Chisinau è una città molto bella, i tanti palazzi antichi dimostrano un passato nobile e ricco di cultura, e il presente è in netta ripresa: ci sono università, teatri, la città è pulita e ordinata. Tenuto conto che fino al 1991 era parte dell’Unione Sovietica, i progressi sono notevoli.
Raggiungiamo un altro studente di Medicina del posto, anche lui aveva già incontrato le mie amiche al famoso congresso, e assistiamo a un flash mob dove gli studenti delle varie università di Chisinau si sfidano a colpi di Gangnam Style! La televisione Moldava, che riprendeva la manifestazione, intervista anche una delle mie amiche che, in perfetto inglese e incitata dal giornalista, esprime il suo plauso per l’evento.
Abbiamo un po’ di tempo per visitare la città, e qui inizia il mio show personale. La mia Foggianità, tenuta a freno per due mesi, prende il sopravvento. Tiro fuori dallo zaino la mia sciarpa del Foggia che mi accompagna da sempre allo stadio Zaccheria, e costringo le due amiche Torinesi a farsi una foto insieme a me, sotto la maestosa statua di Stefan Cel Mare, mentre stringiamo fra le mani la mitica sciarpa rossonera. Una di loro viene immortalata mentre, reggendo un capo della sciarpa, ha una faccia molto molto imbarazzata, un’espressione che dice: “Vorrei che un fulmine mi colpisse in questo momento perché quello che sto facendo non posso sopportarlo un secondo di più.”
Mentre visitiamo la città, in un parco proprio davanti al Parlamento, ci imbattiamo in un simpatico orso con lo sguardo da fattone. Non perdo l’occasione, riprendo la sciarpa del Foggia e mi faccio scattare l’ormai celeberrima foto che troverete alla fine del post.
Dopo aver mangiato (tanto) in un ottimo ristorante, scopriamo che il conto l’aveva già pagato il gentilissimo amico Moldavo. E così, tutti felici e contenti, andiamo alla stazione dei pullman dove la nostra amica, appena atterrata dalla Grande Madre Russia, ci raggiunge all’ultimo secondo in modo rocambolesco. Sembra davvero tutto finito, perfino ci addormentiamo “cullati” dai sobbalzi del pullmino, quando arriviamo alla frontiera. La polizia Moldava ci controlla solo i passaporti. La polizia Rumena invece ci fa scendere tutti (col freddo che faceva) e ci fa portare i bagagli nell’ufficio per un controllo. E qui ci riallacciamo al prologo, in quella notte buia e tempestosa eravamo rimasti col fiato sospeso nel momento in cui la poliziotta sposta dei maglioni e trova niente popò di meno che una stecca di sigarette russe e invita la nostra amica a seguirla. Io già me la immagino in Siberia a spaccare pietre sotto la neve, quando io e le altre due amiche diciamo che quella stecca di sigarette è anche nostra, è collettiva, di tutti, una stecca comunista! Così la poliziotta, con aria benevola, ci lascia andare e possiamo tornare a casa a Iasi. Fa un po’ strano dirlo: tornare a casa a Iasi.

La famosa foto con l’orso e la sciarpa del Foggia:

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