Ormai
il progetto Erasmus è famosissimo, tant'è che anche i mitici Pooh
hanno riadattato una loro canzone su questo tema:
“Dio
delle città
e
dell'università,
se
è vero che ci sei
ed
esami tu non fai,
vediamo
se si può
imparare
questo learning
e
magari un po' cambiarlo,
prima
che ci scada il termine.
Vediamo
se si può
convalidare
tutti gli esami,
senza
violentarci più
con
le firme sui programmi.
Ma
quaggiù non siamo in Cielo,
e
se perdi il confirmation sheet
sei
soltanto un Erasmus solo.”
Di
solito le seconde volte, i ritorni, i sequel sono deludenti. Tutta la
carica di entusiasmo e novità si affievolisce e il risultato è la
classica “minestra riscaldata” che non piace a nessuno. Basti
pensare al seguito di Ritorno al futuro, alla seconda avventura di
Shevchenko al Milan, o a tutte quelle volte che abbiamo incontrato un
vecchio amico dopo tanti anni e la conversazione non è andata oltre
un reciproco scambio di “Weeee Gianbastiano! Come stai?Tutto bene?”
“Piercorrado! Chi si rivede! Si, tutto bene. E a te tutto bene?”
“Anche a me tutto bene, grazie” “Mi fa piacere, fa piacere...”
e qui uno dei due si ricorda di un improrogabile impegno.
Qualche
settimana fa, sono tornato a Iasi, sacro luogo del mio Erasmus oltre
i Carpazi. Ovviamente sono tornato per passare un po' di tempo
insieme con la mia Jovy, e rivederla sorridente e a braccia aperte
all'aeroporto è stata la più grande emozione di questo ritorno a
Iasi. Sono stato, inoltre, molto contento quando ho riabbracciato
tutti i miei amici del corso internazionale, primo fra tutti Ronny
che è venuto con Jovy a prendermi all'aeroporto. Ma c'è stata
un'altra emozione, altrettanto bella ma diversa: rivivere la mia
quotidianità. C'è chi, per vivere esperienze forti, deve fare
cose pazze o spericolate, come nuotare in un fiume pieno di
coccodrilli, giocarsi la casa in una mano di poker, criticare
Formigoni al meeting di Comunione e Liberazione. Per me, invece, è
stato bellissimo ritornare a camminare in Strada Stefan Cel Mare,
mangiare uno panino snitel pui al “El Barin”, comprare l'ottimo
salame di tacchino all'Auchan, ripercorrere il sottopasso dell'Hala
Centrala fra le bancarelle di frutta e verdura, infiltrarmi a qualche
lezione indossando un attillato camice di Jovy, prendere un rustico
da Petru o da Fornetti, studiare nella biblioteca dell'università,
mangiare alla Cantina il famoso “cascaval pane” che piace solo a
me, risentire parole come poftim, alceva,
multumesc e foarte bine, visitare finalmente alcune antiche chiese che l'anno scorso non ho avuto tempo di vedere, e tante, tantissime altre cose che ora non
vi sto a dire perché per chiunque sarebbe solo un noioso elenco che,
nello specifico, solo chi è stato a Iasi può capire; ma, chiunque è
ritornato in un luogo che gli è caro, potrà comprendere questo
inebriante ma indescrivibile sentimento.
Infine
è stato bello conoscere i tanti studenti Erasmus che quest'anno
popolano la facoltà di Medicina. In loro ho rivisto me stesso e le
mie amiche Torinesi e Baresi. Tutti gli Erasmus hanno una base
comune, fatta dalla voglia di fare nuove esperienze e amicizie, dai
dubbi e le paure verso gli esami e la loro agognata convalida,
dall'iniziale spaesamento in una realtà completamente nuova,
all'entusiasmo di vivere questa avventura. Ma, tolti questi elementi
comuni, ognuno farà esperienze diverse e soprattutto le vivrà e le
sentirà in maniera diversa. Non importa se andate oltre i Carpazi,
oltre le Alpi o i Pirenei, il romanzo che avrete scritto in quei
giorni sarà unico e irripetibile e, in futuro, lo potrete sfogliare
ricordando sorridendo i bei momenti passati, o lo lascerete ancora
aperto, perchè quell'Erasmus è stato il primo capitolo di una nuova
vita ancora tutta da scrivere.
Nella
prima foto: il mille volte percorso Bulevardul Independentei.
Nella
seconda foto: l'indimendicabile Targu Cucu.